In tempi più recenti, negli anni ’60 del secolo scorso, il papà di Italo, Giacomo, comincia ad acquisire terreni e vigne nelle posizioni migliori come Messoirano, Montebertotto, Basarin e Valtorta. Ed è così che nel 1964 entra a far parte della proprietà il Castello con le sue spaziose cantine e con le cascine Santo Stefano e Marcorino. Santo Stefano, ricompreso nella sottozona di Neive Albesani, è poi il vigneto dove vengono prodotte le uve che hanno dato luogo al grande vino degustato.
Queste acquisizioni hanno comportato la svolta nell’organizzazione della cantina, nella ristrutturazione delle vigne oltre che nella produzione del vino con sistemi moderni, attività nelle quali si è impegnato Italo in prima persona. Nella conduzione dell’Azienda, lo sviluppo dei mercati ha reso necessario il trasferimento di alcune delle attività non più possibili nelle cantine del castello. Le operazioni di pigiatura, fermentazione, controllo delle temperature, imbottigliamento – con nuovi macchinari e vasche in acciaio inox – vengono oggi svolte in una nuova cantina che dispone di un razionale lay-out. Nelle cantine del castello sono disposte tutte le botti in legno per l’invecchiamento dei vini, comprese le botti da 33 e 37 ettolitri, in rovere di Allier, utilizzate per l’evoluzione del Barbaresco.
Oggi Castello di Neive Azienda Agricola si estende su una superficie di circa 60 ettari, di cui 26 vitati, coltivati con Nebbiolo, Barbera, Arneis, Dolcetto, Pinot Nero, Albarossa, Riesling, Grignolino e Moscato. Ogni vitigno è seguito in modo che possa trovare l’habitat ideale per esprimere al meglio le proprie potenzialità. Annualmente si producono circa 170.000 bottiglie distribuite in una gamma di etichette adatta a soddisfare ogni desiderio dell’appassionato e non solo. Tradizione e innovazione, secoli di esperienza in un territorio fortunato, ricerca in sinergia con l’Università di Torino e sperimentazione delle tecnologie più moderne - in vigna come in cantina - sono i valori su cui poggia l’esperienza di Castello d Neive.
Ma torniamo al nostro Barbaresco. Il vigneto Santo Stefano è molto assolato, con una esposizione a sud-sudovest che permette la perfetta maturazione delle uve. Essendo composto da vecchie vigne - la maggior parte del vigneto ha cinquant’anni, mentre alcuni reimpianti sono stati effettuati da quasi venti - l’impianto radicale permette di prendere acqua e sali minerali anche in profondità, attività essenziale specialmente in estati siccitose. Ed essendo un vigneto con una pendenza molto ripida, non c’è alcun problema di ristagno delle acque, consentendo la migliore sanità del Nebbiolo da Barbaresco.
La vendemmia è manuale, con la selezione delle migliori uve che vengono raccolte in cassette e trasportate in cantina. Nel 2006 avvenne a fine settembre, con uve che raggiunsero la maturazione tecnologica e fenolica ottimale. Dopo la diraspatura, inizia la fermentazione nelle vasche inox, fase che non dura mai più di due settimane, con rimontaggi che permettono la migliore estrazione antocianica. Perfetta maturazione delle uve e vinificazione della giusta durata renderanno il tannino elegante, serico con l’invecchiamento del vino.
Dopo i travasi, il vino affina nelle grandi botti nella cantina del castello. Raccontiamo ora l’assaggio del BARBARESCO SANTO STEFANO 2006.
Di colore granato luminoso, tipico dei vini da uve nebbiolo in purezza. Profumo elegantissimo, apre con sentori varietali, fiori secchi (rosa soprattutto) che si fondono in un connubio d’amore con freschissime fragranze balsamiche, tipiche di questo particolare vigneto e derivanti dal lungo affinamento. Il quadro olfattivo viene completato da note tostate che sfumano in ricordi fruttati e di spezie dolci. In bocca è di corpo, maestoso, tuttavia mai troppo invadente. Il tannino è ben presente ma serico, con un’acidità ancora viva che rinfresca al punto giusto e l’alcol che dona pienezza di gusto contribuendo alla struttura complessiva del vino. Chiude con un finale lungo, di rara persistenza con un retrolfatto di liquirizia. Vino di straordinaria raffinatezza, complessità e ricchezza, è affinato per 18 mesi nelle grandi botti della cantina del castello.
Un grande vino, questo Barbaresco, che necessita perciò di piatti importanti come preparazioni a base di selvaggina, il cinghiale arrosto con rosmarino, per esempio. Concludo con una nota personale. In una mail di 10 anni fa scrivevo ad Italo a proposito del Barbaresco Santo Stefano 2006 “.. non oso pensare come diventerà tra 5 o 7 anni ..”. Ora lo so.