Le uve coltivate in azienda sono soprattutto quelle tradizionali del Piemonte come Dolcetto, Barbera e Nebbiolo, ma quella che è utilizzata al 100% per la realizzazione del vino che racconteremo oggi è il Dolcetto, un vitigno con ancora notevoli margini di crescita espressiva. Come già scritto quando abbiamo parlato in passato di Dolcetto, quest’uva è stata a lungo considerata in grado di dar vita esclusivamente a vini fruttati semplici e immediati. Con il Dogliani Superiore San Fereolo – vino omonimo della Cantina – si dimostra invece che, lavorando per far nascere un vino complesso e di struttura, il Dolcetto possa stupire per la sua capacità di tenuta nel tempo e per il suo carattere piemontese di austerità e di tannicità, arrotondato nella sua delicatezza. Un’idea completamente diversa del Dolcetto, fondata sull’ostinata convinzione che le potenzialità di questo vitigno vadano ben oltre a quella del dar vita ad un vino semplice e immediato. Un’idea che esalta alcune caratteristiche che noi ritroviamo nel Nebbiolo, dai tannini ai suoi profumi inconsueti, alle prospettive di durata e di evolvere nel corso del tempo. Oltre alla sua capacità di stupire.
Il San Fereolo viene dunque prodotto con uve Dolcetto provenienti da vigne vecchie che in alcuni casi superano i 70 anni. Il sistema di allevamento è un Guyot semplice con densità diverse che vanno dai 4000 ai 5000 ceppi per ettaro a seconda del periodo di impianto delle viti. Le uve provengono dalle vigne San Fereolo, Austri, Costabella, Cerri Sottani, tutte nel comune di Dogliani e ubicate ad un’altitudine compresa tra i 400 e i 500 metri con esposizione da sud-est a sud ovest. Sono terre di medio impasto a prevalenza calcarea, situate prevalentemente nella sottozona di Valdibà e Valdiberti, idonee alla produzione di vini tannici e strutturati. Gli appezzamenti sono coltivati secondo i principi della biodinamica che prevede un diverso approccio alla fertilità del suolo e l’utilizzo di rame e zolfo in quantità molto ridotte. Le rese in vino per ettaro sono molto basse e possono variare a seconda dell’annata dai 35 ai 45 ettolitri.
Raccolto a mano e portato in cantina in cassette da venti chili, questo Dolcetto viene vinificato in tini di legno, senza lieviti selezionati o ulteriori aggiunte. La temperatura si lascia senza controllo sino al tetto dei 33 gradi privilegiando l’estrazione necessaria allo sviluppo di aromi complessi rispetto alle componenti fruttate. A seconda dell’annata la macerazione può variare dai 10 ai 20 giorni e completata la fermentazione alcolica segue quella malolattica che parte spontaneamente. In seguito il vino si travasa in legni di diverse dimensioni, dai 7 ai 40 ettolitri e mantenuto in sospensione sulle fecce fini per sei mesi con diversi batonnage, la cui frequenza va decrescendo con il periodo di affinamento. Il Dogliani viene gradatamente separato dalle fecce attraverso alcuni travasi prima dell’imbottigliamento che avviene il secondo anno successivo alla vendemmia. Quindi il vino affina ancora per un anno in bottiglia.
Passiamo alla degustazione del Dogliani Superiore San Fereolo 2008.
Di colore rubino carico, ai bordi del bicchiere la tonalità granata dell'orlo ci ricorda che è trascorso oltre un decennio dalla vendemmia. Le lacrime spesse che forma sul bicchiere dopo una leggera rotazione, denotano una notevole consistenza. Naso ammaliante, con profumi floreali di rosa e viola, erbe aromatiche, fondo di caffè, china e tabacco, quindi i toni fruttati di mora e ciliegia in confettura, con una nota balsamica nel finale. Bocca potente, materica, con un tannino croccante e una freschezza ben bilanciati dall’alcol e dalla morbidezza. Grande l’equilibrio. Chiude molto persistente con un retrolfatto ammandorlato. Vino grandissimo, probabilmente nel momento della sua massima espressività. Chissà, forse sarebbe potuto crescere ancora.
Da provare a tutto pasto o accompagnando a piatti territoriali come il bollito di bue grasso o una toma stagionata. Ma dispone di sufficiente carattere per accompagnare anche preparazioni di carne più impegnativi.