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Fiano D’Avellino Clelia Romano 2012: quota rosa e meritocrazia del vino

Perdonatemi sono un femminista! Sono un femminista perché non credo nella quota rosa, sono maschilista perché non sopporto quelle donne che si nascondono dietro alle regole sfruttandole, sono maschilista perché odio le donne che fanno carriera ed ottengono risultati sfruttando la bella presenza, gli occhi dolci e la stupidità di certi uomini, mi stanno sulle scatole quelle donne che usano i figli come arma per ricattare i padri. Queste donne fanno male alle donne stesse.
Scusatemi se sono femminista! Sono femminista perché amo le donne competenti, stimo le donne che si fanno largo da sole, mi piacciono le donne che si danno da fare, rispetto le donne che scelgono la carriera, la famiglia o entrambe; adoro quelle che non sentono necessarie le regole e la quota rosa per farsi spazio: perché loro si fanno strada da sole senza aver bisogno di nessuno.
Il mondo del vino è pieno di donne serie, forti e competenti: Clelia Romano è una di queste.

Vasja Čotar non è propriamente quello che definiremmo un “simpaticone”, cavargli una parola di bocca è davvero difficile! Non si riesce a farlo parlare neanche dei suoi vini, è schivo, rude e sembra che i suoi prodotti siano comuni vini da osteria quando ne parla!

E’ sintetico e con quella voce da Ibrahimovic incute quasi timore a chiedere altro!

Mentre parlavo con la figlia di Marco Carpineti e degustavo i loro vini, mi si avvicina un ragazzo giovane, che avrà avuto circa vent’anni; simpatico e semplice sembra capirne un po’ troppo per essere un semplice appassionato. L’occhio mi cade sulle sue mani, presentano quei graffi, quei bozzi e quelle escoriazioni tipiche di chi si da’ da fare in campagna. A quel punto gli pongo la classica domanda e con un accento laziale mi dice di essere il figlio del proprietario della Cantina Stefanoni e mi invita ad assaggiare i loro vini.

Guido Zampaglione è un personaggio del panorama enologico che mi incuriosisce molto, lo fa da quando ho bevuto per la prima volta un suo vino e la cosa si è aggravata quando ho letto il suo curriculum.

Formazione variegata cominciata con una laurea in economia a Napoli e proseguita con una specializzazione in Enologia e Viticoltura a Piacenza; un girovago nato a Napoli, passato per Piacenza ed alla fine ha deciso di piantare le radici in Piemonte dove coltiva 17 ettari di vigneto e produce vini che distingueresti tra centinaia!

Le donne del vino sono sempre di più, sempre più importanti. Non faccio altri nomi per non scontentare nessuno, soprattutto Elisabetta Foradori, di cui vi parlerò oggi, che meriterebbe molte più parole di quelle che riuscirò a dedicarle oggi.

Ero al Vinitaly, nell’area dedicata a ViViT, quando qualcuno, intromettendosi in una degustazione, a cospetto di signori vini prodotti seguendo degli specifici criteri, chiede un Solaris; la reazione di chi si occupava dello stand è educata, decisa ma elegante “Non trattiamo Solaris e spero che nessuno in questa sala ne abbia; è un vitigno artificiale”: Foradori, ci piace.

In Italia lo sappiamo tutti, ci sono varietà d'uva molto differenti tra loro e che mantengono la loro tipicità , rispecchiando il territorio da dove provengono con livelli di qualità che raggiunge in certi casi l'eccellenza. Sono uve spesso nate da viti autoctone che hanno sopravvissuto al duro attacco della fillossera e che, riscoperte ultimamente, prima dell'estinzione definitiva, ritornano con forza a parlare delle nostre origini, riscoprendo quel bagaglio culturale ricco di storia ma soprattutto di sapori e profumi che altrimenti sarebbero andati persi. Tuttavia la temutissima fillossera ha favorito l'introduzione in Italia di vitigni internazionali che ben si sono acclimatati alle nostre latitudini anche grazie agli innesti fatti su "piede franco" di vite americana molto più resistente al terribile insetto, di quelle europee. Un esempio quasi scontato è il vitigno Chardonnay che possiamo trovare in quasi tutte le regioni vitivinicole del pianeta ma che riesce sempre a regalare emozioni qualche volta anche grandi.

Come il titolo di questo articolo dice e dopo la piccola introduzione, descriverà una degustazione, aprendo una parentesi storica, basata su vini diversi ma nati dalla stessa uva: lo Chardonnay. Non vuole pertanto essere una descrizione accademica, ricca di tecnicismi ma piuttosto un viaggio dal Nord al Sud d'Italia, dove questo vitigno riesce ad esprimersi in modo diverso pur mantenendo (quasi sempre), le sue caratteristiche principali: finezza ed eleganza.

 

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