Giovedì, 31 Dicembre 2015 13:22

Sauvignon Castel Ringberg 2014, l’interpretazione di un terroir

Scritto da
Vota questo articolo
(38 Voti)

Abbiamo già incontrato l’azienda Elena Walch, raccontando il grande Gewurztraminer 2014, fatto con le uve provenienti dal bellissimo vigneto Kastelaz che si trova nel comune di Termeno. Oggi parleremo di un altro grande bianco dell’azienda, il Sauvignon 2014 da uve prodotte nell’altro prestigioso cru aziendale, il Castel Ringberg ubicato nel comune di Caldaro.

Il vigneto, prende il nome dall’omonimo Castello rinascimentale, costruito dagli Asburgo all’inizio del XVII secolo.  Il maestoso Castello emerge sul vigneto che, grazie ai 20 ettari di estensione, rappresenta la principale tenuta di Elena Walch, oltre a distinguersi come uno dei più estesi dell’intero Alto Adige. I ripidi terreni di origine morenica, i suoli calcarei, argillosi ed in parte sabbiosi rendono inconfondibile il terroir, contribuendo alla peculiare interpretazione nella coltivazione di differenti varietà d’uva.

Castel Ringberg costituisce quindi un punto d'incontro esclusivo tra svariati tipi di terreno risalenti all’era glaciale o a epoche successive, situati su una base di quarzo porfirico e limitati a ovest dalle Dolomiti. I pendii settentrionali sono composti da pietrisco di 30.000 anni fa originario dall’Adige, alternati a terreni morenici di più recente formazione. Nelle estremità più a nord e a sud del vigneto invece, il suolo è formato da residui di pietra calcarea rossastra, ideale per la propagazione delle radici delle viti, poiché ben aerata e dalla morbida consistenza.

Il clima mite, che viene favorito dalla vicinanza del lago di Caldaro, e l’altitudine ideale compresa tra i 330 e i 400 metri s.l.m. sono un formidabile aiuto per lo sviluppo di uve di qualità. Le varietà coltivate a Castel Ringberg sono Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Lagrein Pinot Grigio, Riesling, Sauvignon blanc e Schiava. Le uve verranno poi selezionate in modo molto scrupoloso per essere poi lavorate nella cantina di Termeno.

A Castel Ringberg, il Sauvignon trova quindi un habitat ideale per la sua crescita. Secondo la filosofia aziendale, anche questo vigneto è condotto seguendo i principi di un’elevata sostenibilità ambientale. Nel massimo rispetto dell’ecosistema e in modo tale che di questo patrimonio naturale possano benficiarne i posteri.

La densità d’impianto è di 6-7000 ceppi per ettaro, la resa dell’uva di soli 80 quintali. Questo significa che ogni pianta produce poco più di un chilo d’uva, il che la dice lunga sul rigore della conduzione agronomica del vigneto.

Passiamo al vino. Giunta in cantina dopo accurata selezione, l’uva raccolta sosta sulle bucce per alcune ore. Viene poi sottoposta a una pressatura soffice prima che parta la fermentazione. Dopo la decantazione statica del mosto, la maggior parte della massa fermenta in acciaio a una temperatura che viene abbassata e controllata di 18°C, rimanendo successivamente sui lieviti fino in primavera. Il rimanente 15% fermenta in barrique. L’assemblaggio avviene poco prima dell’imbottigliamento, quindi il vino matura in bottiglia per alcuni mesi prima della commercializzazione.

Questo Sauvignon dal colore paglierino brillante, si contraddistingue subito per i caratteristici sentori di uva spina matura e frutta esotica, con pompelmo e papaia in evidenza. Nello spettro aromatico elegante e armonico emergono dunque i sentori floreali di fiori di pesco, zagara e sambuco e i vegetali di erba appena falciata e bagnata, con sbuffi di rosmarino. Naso decisamente ampio. In bocca il vino è intenso e persistente: colpisce subito la veemente acidità che lascia poi spazio a una sontuosa mineralità che caratterizza la lunga chiusura.

È noto che amo molto i vini fatti con il Sauvignon blanc, uva di origine francese introdotta in Alto Adige alla fine dell’Ottocento. Sovente, questi vini provocano in me emozioni uniche. Motivo per cui in passato ne ho raccontati diversi, soprattutto friulani. Questo è differente, affilato come una lama, elegante, lunghissimo e dalla spiccata personalità. Da provare accostandolo a un’orata al forno guarnita di olive, con erbe aromatiche come timo o rosmarino.

Letto 2850 volte
Alessandro Genova

Sommelier professionista dal febbraio del 2005, sono soprattutto un appassionato a cui piace leggere e documentarsi a proposito dei territori, delle tecniche di degustazione e del meraviglioso mondo che ruota attorno al vino. E che ama ovviamente degustare.

Mi piace mantenere relazioni con produttori, enologi e appassionati come me e non disdegno l’approfondimento delle problematiche distributive e marketing della produzione e della commercializzazione del vino.

https://www.linkedin.com/in/alessandro-genova-99b69637

Potrebbe interessarti anche:

  • Pinot Bianco Quintessenz, vino emblema dell’Alto Adige Pinot Bianco Quintessenz, vino emblema dell’Alto Adige

    Ho di recente raccontato la degustazione di un vino che fa parte della tradizione dell’Alto Adige, con particolare riferimento alla zona del Lago di Caldaro. Parlo Kalterersee Classico Superiore Quintessenz – da uve Schiava in purezza – della Cantina di Caldaro, grande azienda cooperativa della zona del lago. Se tuttavia volessi suggerire un vino-emblema di questa meravigliosa regione vinicola, non avrei dubbi ad indicare il Pinot Bianco come quello maggiormente rappresentativo. Oggi vi parlerò dunque di una altro vino della Cantina di Caldaro, il Pinot Bianco Quintessenz.

    Il Pinot Bianco è una nobile e di antiche origini uva a bacca bianca, che deriva con buona probabilità da mutazioni genetiche del Pinot grigio che a sua volta sarebbe imparentato con il Pinot nero. In passato è stata spesso confusa con lo Chardonnay, con cui d'altra parte condivide numerose caratteristiche. Il Pinot bianco si presenta con piccoli grappoli raccolti, molto fitti e di forma cilindrica. Il risultato visivo finale è che il grappolo assomiglia più o meno ad una pigna e, verosimilmente, anche il nome pinot deriva da questo accostamento.

  • Schiava, il vino del lago Schiava, il vino del lago

    Abbiamo già parlato di Alto Adige intervistando Max Niedermayr, Presidente del Consorzio dei vini di questo splendido territorio. Abbiamo anche recensito gli altoatesini Gewurztraminer Kastelaz e il Sauvignon Castel Ringberg di Elena Walch. Abbiamo dunque imparato che in Alto Adige coesistono produttori indipendenti accanto a grandi Cantine Cooperative, da sempre realtà fondamentali per lo sviluppo della vitivinicultura del territorio.

    Ed oggi tratteremo proprio di una Cooperativa, la Cantina di Caldaro o Kellerei Kaltern – come sono soliti chiamare la Cantina gli abitanti del posto – oltre che di uno dei suoi vini-simbolo, prodotto con un vitigno autoctono come la Schiava. La Cantina di Caldaro è una cooperativa storica che rappresenta tutto il comune e i suoi viticultori. I vini dell’Azienda vengono prodotti nei pressi del Lago di Caldaro. Sono vini che vantano una lunga storia e vengono realizzati dalla Cantina sin dagli inizi del ventesimo secolo. Sin da quando, cioè, l’Alto Adige era parte integrante dell’Impero Austro-Ungarico. Oggi la Cantina è una Cooperativa vitivinicola che rappresenta 650 soci e ben 450 ettari di vigneti.

  • Muller Thurgau, scopriamo questo vitigno altoatesino Muller Thurgau, scopriamo questo vitigno altoatesino

    Il Muller Thurgau è un vino ottenuto dall'omonimo vitigno, che oggi trova ampia diffusione in Germania, in Austria, in Ungheria, in Svizzera e anche in Italia. In particolare, nel nostro Paese viene coltivato soprattutto in Trentino e in Alto Adige, nelle cui valli si produce probabilmente il miglior Muller Thurgau italiano. Prediligendo i terreni collinari, anche terrazzati, con un’altitudine compresa tra i 500 e i 900 metri s.l.m., proprio per questo ha trovato in questo territorio il suo habitat ideale.

    Il Muller Thurgau è una delle poche uve di cui si conosce esattamente il suo inventore e la sua data di nascita. Si sa, infatti, che questo vitigno ha avuto origine nel 1882, quando un ricercatore svizzero, Herman Muller, nato a Thurgau, creò l'incrocio tra il Riesling e il Sylvaner. Da una recente ricerca sul DNA, pare che in realtà il secondo vitigno fosse lo Chasselas.

    Al di là della sua storia, sicuramente interessante ma tutto sommato abbastanza recente, per noi il Muller Thurgau è uno dei vitigni più importanti dell’intero panorama enologico nazionale. Abbiamo pertanto degustato e raccontiamo il Muller Thurgau Aristos della altoatesina Cantina Valle Isarco.

  • Sassicaia, il Bordolese di Tenuta San Guido Sassicaia, il Bordolese di Tenuta San Guido

    Imparare dal vino è quello che ho sempre fatto, si scoprono territori, filosofie aziendali, vitigni diversi, come diverse sono le impronte che tracciano quando li si degusta.

    Oltre la teoria , toccare con mano il lavoro faticoso ma pieno di soddisfazioni che sussiste dietro la bottiglia, è importante quanto emozionante.
    Non finirò mai di viaggiare per il vino.

    Tenuta San Guido, l'eccellenza a Bolgheri

    Bolgheri , lo ricordo con affetto, ripensando a quanta strada ho fatto da lì e quanta ancora dovrò fare. In particolare visitai una delle aziende più amate, (e forse anche invidiate ) del panorama vitivinicolo italiano, fin dal momento in cui il loro vino, si affacciò timidamente sul mercato.  Entrai quasi in punta di piedi inTenuta San Guido , osservando quell'angolo di paradiso che vede protagonisti vino e natura, per non perdere nemmeno un dettaglio. Bolgheri , territorio che persino i profani del vino associano a prodotti di pregio , un tempo era una landa desolata. Il Marchese Nicolò Incisa della Rocchetta con estrema gentilezza, mi raccontò la storia straordinaria di questo terroir e del percorso che fece il Cabernet Sauvignon per diventare Sassicaia

  • Vini dell’Alto Adige, la parola al Consorzio Vini dell’Alto Adige, la parola al Consorzio

    Alto Adige, terra di vini di elevata qualità ottenuti osservando rigorosi criteri di sostenibilità ambientale. Pur essendo una regione vinicola piccola per estensione territoriale, l'Alto Adige si caratterizza per l'eccellenza e la varietà della sua produzione. Ne abbiamo parlato a Vinitaly con Max Niedermayr, da un paio d’anni Presidente del Consorzio dei vini dell’Alto Adige, oltre che Presidente della Cantina di Colterenzio, una delle maggiori realtà cooperative della zona.

    Max Niedermayr, quante sono le cantine che aderiscono al consorzio?

    Attualmente partecipano al consorzio oltre 5.000 viticoltori riuniti in 154 cantine, per il 93% della produzione totale della regione. Restano fuori piccoli o piccolissimi vignaioli.

    Qual è la superficie vitata rappresentata dal consorzio? Quanto il vino prodotto?

    Il consorzio rappresenta una superficie di meno di 5.300 ettari, mentre la produzione di vino si aggira in media intorno ai 350.000 ettolitri annui.

    Parlava di 5.000 viticoltori riuniti in 154 cantine. Tra esse, vi sono anche le grandi cantine cooperative dell’Alto Adige come Colterenzio di cui è Presidente, la Cantina di Bolzano o San Michele Appiano. Com’è stato possibile trovare un accordo tra soci tanto differenti?

    Infatti circa il 70% del vino viene prodotto nelle cantine sociali della regione, un quarto circa della produzione annua è realizzata dagli aderenti all'associazione Le Tenute dell'Alto Adige, mentre il restante 5% da vignaioli indipendenti. Per bilanciare il peso delle cooperative, è stata decisa una rappresentanza nel direttivo delle varie componenti in modo non proporzionale: 5 membri sono espressione delle cooperative, 3 dell’associazione e ben due rappresentano i vignaioli indipendenti.

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

© 2011 Wine at Wine . All Rights Reserved.

Please publish modules in offcanvas position.