Costantino Charrère, il fondatore dell’attuale cantina durante gli anni ottanta del secolo scorso, è da sempre un anticipatore di tendenze e un esempio seguito tanto nella gestione dei vigneti quanto nelle operazioni di cantina. Dapprima con il recupero di alcuni antichi vitigni locali a rischio estinzione come la Prëmetta e il Fumin o con la valorizzazione di varietà tradizionali come il Petite Arvine. Quindi con la gestione delle vigne caratterizzate da elevate densità di ceppi per ettaro e con l’impianto di nuovi vigneti in altri comuni della Valle (Aosta, Gressan, Saint Christophe, Saint Pierre e Sarre), in condizioni spesso estreme, sempre ad altitudini comprese tra i 600 e i 1000 metri sul livello del mare. Infine, facendo in modo che i terroir fossero preservati il più possibile e difendendo la bellezza e l’integrità del paesaggio, i principi tipici delle associazioni di viticultori (Fivi, Cevi) di cui Costantino ha anche assunto incarichi di rappresentanza.
La filosofia dell’azienda si rivela pienamente con il virtuoso cammino di riconversione dei vigneti. Il progressivo abbandono dei diserbanti, l’ininterrotta riduzione dell’uso dei fitofarmaci e la conseguente rivitalizzazione dei terreni sono il fondamento dell’equilibrio della vigna secondo i principi della viticultura biologica. L’azienda conduce così una ventina di ettari di vigneto in modo sostenibile, valorizzando al meglio i diversi terroir. Un altro elemento che contraddistingue Les Crêtes è l’innovativa cantina a basso impatto paesaggistico e ambientale, ottenuta sostenendo ingenti investimenti nelle fonti energetiche rinnovabili. La cantina è infatti dotata di pannelli fotovoltaici, che permettono così la produzione e il consumo di energia verde.
L’ultima nota prima della degustazione del Petite Arvine e dello Chardonnay – entrambi del 2015 – riguarda l’imbottigliamento dei vini giovani e aromatici con l’utilizzo del tappo Stelvin. Questo tappo a vite ha ormai raggiunto livelli di assoluta eccellenza tecnica. È una chiusura organoletticamente neutra che consente di preservare del tutto l’integrità del vino. Ma ne permette al tempo stesso la perfetta conservazioni e persino una certa terziarizzazione, grazie ad uno speciale fondello in lega di stagno che imprigiona una bolla di azoto. Questo gas, inerte per eccellenza, non reagisce chimicamente con nessun elemento. In questo modo, il vino ed i suoi profumi risultano perfettamente protetti dagli agenti esterni, compreso il suo stesso tappo, qualora il sughero fosse difettoso. All’apertura della bottiglia, a contatto con l’ossigeno il vino può così liberare tutta la sua fragranza.
Passiamo adesso ai vini:
Vallée d’Aoste Petite Arvine 2015
Bel paglierino lucente. Al naso scopriamo un raffinato spettro olfattivo con piacevoli sensazioni fruttate che si fondono alla perfezione con nitidi profumi di rosa ed erbe aromatiche. Si succedono, quindi, suadenti ricordi vegetali di rabarbaro, mughetto e fiori campestri. Bocca vibrante che colpisce per l’evidente spalla fresco-sapida prevalente sulla morbidezza, con una chiusura minerale saporita e persistente. Il vino affina in acciaio per tre mesi prima dell’imbottigliamento.
Vallée d’Aoste Cardonnay 2015
Di colore paglierino carico, il vino si caratterizza per un bouquet intenso e complesso. In evidenza sentori di frutta esotica come ananas, pompelmo, quindi delicate suggestioni di timo, miele, fiori di zagara e ginestra con sensazioni minerali sullo sfondo. All’assaggio notiamo subito un buon equilibrio tra componenti dure e morbide, con una piacevole freschezza e una lunga chiusura sapida, leggermente ammandorlata. Anche questo vino riposa per tre mesi in acciaio.
Vini di montagna di qualità, mirabile esempio di una viticultura eroica. Ma sono al tempo stesso vini del progresso, ottenuti nel massimo rispetto dell’ambiente e del territorio. Un magnifico esempio da seguire non soltanto in Valle d’Aosta.